L’ALTRO NAIHANCHI DI MOTOBU SENSEI

Articolo a cura di Emanuel Giordano 

In questo periodo, parlando con Matteo Muratori (https://my2centskarate.com/), sono venuto a conoscenza di una particolare versione del Naihanchi di Motobu Choki sensei, descritta con molta precisione in un racconto scritto da un suo allievo. Ho deciso quindi di iniziare una ricerca per trovare eventuali riscontri di questa particolare versione in altre fonti. 
 
KONISHI YASUHIRO
Sfogliando i testi presenti nella mia collezione, ho trovato il Naihanchi in questione nel libro Nyumon Shinsho Zukai Karate Nyumon Shindo Jinen-ryu (1956), scritto da Konishi Yasuhiro. In questo libro troviamo, preceduta da una breve introduzione, la sequenza fotografica, completa di descrizioni, della prima metà del kata Naihanchi shodan, eseguito da Motobu sensei. Nell’introduzione, tra le altre cose, Konishi sensei spiega che questo era il kata in cui eccelleva il suddetto maestro, il quale fortunatamente fu in grado di trasmetterlo ai posteri. Questa versione si distingue da quella presentata in altre occasioni da Motobu sensei per l’assenza di due tecniche: il secondo namigaeshi e il secondo yoko-uke. Questo particolare la rende unica nel suo genere, come vedremo a breve.
 
 
L’assenza del secondo yoko-uke è una peculiarità tipica di alcune versioni del kata Naihanchi (Tachimura, Ishimine, Hanashiro, ecc). Sebbene questa tecnica non sia presente, le mani non vengono portate semplicemente al fianco, ma eseguono un movimento particolare, che nell’applicazione pratica risulta essere una presa al braccio dell’avversario con conseguente tecnica di manipolazione articolare (Tuidi/Tuite). Nelle versioni più diffuse, inclusa anche l’altra versione tramandata da Motobu sensei, si esegue prima uno yoko-uke, e dopo si portano le mani al fianco. Vorrei sottolineare che, nonostante questa differenza, l’applicazione risulta invariata, per lo meno nello Shorin-ryu Shidokan, scuola di cui faccio parte. Difatti la sequenza “yoko-uke – mani al fianco”, sebbene nel kata sia eseguita con due tecniche distinte, in una delle sue applicazioni risulta essere un unico movimento fluido, atto all’esecuzione di una manipolazione articolare. Esiste una teoria secondo la quale in origine, questa particolare parte del kata, si eseguisse come nella versione presentata in questo articolo, e che l’introduzione del secondo yoko-uke sia stata una semplificazione atta a permettere un più facile apprendimento di questa forma da parte dei nuovi praticanti. Tuttavia, come detto sopra, questa modifica non ha tolto nulla al kata, inquanto l’applicazione è rimasta invariata. Anzi, è doveroso chiarire che, in realtà, si tratta di un arricchimento tecnico, inquanto in questo modo sono state introdotte ulteriori applicazioni della sequenza in questione, le quali hanno affiancato e non sostituito l’applicazione “originale”. 
 
Ciò che rende però unica questa versione è la completa assenza del secondo namigaeshi, cosa che trova riscontro anche nel testo citato ad inizio articolo. Come si evince dalle immagini allegate, non si tratta di una mera scelta “editoriale”, il cui fine è solamente non occupare troppo spazio nel libro, poiché sono state inserite addirittura foto e descrizioni relative a particolari “minori”, come la mera rotazione della testa (foto 8, 13, 19, 22 e 24). 
 
CONCLUSIONE
Questa versione del kata è quindi differente da quella presentata in altre sequenze fotografiche da Motobu sensei, rendendola di fatto una seconda versione a lui attribuibile. La mancanza del secondo yoko-uke accomuna questa forma ad altre versioni di questo kata, ma la mancanza del secondo namigaeshi la rende, al momento, unica, distinguendola dalle altre versioni. 
 
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