TODE JUKUN: I DIECI PRECETTI DI ITOSU
Lettera originale di Anko Itosu dal libro di Nagamine “I Grandi Maestri di Okinawa”
Anko Itosu ebbe il merito di portare il To De fuori dalla ristretta cerchia in cui era praticato per diffonderlo tra la popolazione di Okinawa, a partire dall’insegnamento come educazione fisica nelle scuole, in un periodo in cui l’Impero Giapponese era pervaso da un forte militarismo, convinto che le sue qualità potessero giovare alla società sia sul piano fisico sia sul piano morale, per formare buoni cittadini e buoni soldati; già nel 1890 in occasione della coscrizione militare estesa all’isola, i medici militari avevano osservato con stupore il fisico che il To De aveva forgiato su tre allievi di Itosu (tra cui Hanashiro e Yabu) e già lo avevano messo favorevolmente in relazione con l’arte marziale praticata sull’isola.
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L’insegnamento nelle scuole fu il primo e più importante passo che consentì al karate di diffondersi dapprima in Giappone e poi nel resto del mondo. Nel 1901 Itosu e il suo gruppo, tra cui i suoi due allievi Hanashiro e Yabu che, come insegnanti di educazione fisica, erano i principali attori dell’insegnamento scolastico, riuscirono a convincere la Prefettura di Okinawa (anche grazie alla fama di Yabu, considerato alla stregua di un eroe di guerra per le sue imprese militari apprezzate dal Prefetto Narahara) a far inserire il To De, opportunamente modificato per porre l’accento sul lato educativo ed essere diffuso alla massa, nel programma scolastico della scuola elementare Jinjo di Shuri, seguito pochi anni dopo nel 1905 dal liceo e dall’istituto magistrale.
Pochi anni dopo Itosu produsse un documento, uno dei pochi scritti nella storia del To De, per sviluppare ulteriormente la sua idea di un’arte marziale usata come strumento di educazione pre-militare. Il Tode Jukun, comunemente conosciuto come “I dieci precetti del To De”, è un documento redatto sotto forma di lettera dal Maestro nell’ottobre del 1908 e indirizzata al Ministero Prefettizio dell’Educazione, allo scopo di spiegare in breve cosa sia il karate, i principi di base della sua pratica, i benefici che si acquisiscono e la proposta in virtù di tutto ciò di diffonderne l’insegnamento sul territorio per formare appunto buoni cittadini ma soprattutto dato il periodo fortemente nazionalista, buoni futuri soldati.
Il documento è sopravissuto alla tragedia della Seconda Guerra Mondiale ed è stato variamente tradotto; la versione che segue è stata ottenuta ponendo a confronto più traduzioni:
“Il To De non proviene né dal buddismo né dal confucianesimo. Nei tempi antichi furono introdotte due scuola dalla Cina, la Shorin e la Shorei. Entrambe hanno i propri punti di forza e vanno conservate senza alterarle. Scrivo di seguito ciò che è importante sapere per la pratica:
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il To De non si limita solo ad educare il corpo; se e quando si deve combattere per una giusta causa, il To De fornisce la determinazione con la quale rischiare la propria vita con coraggio per quella causa. Il suo fine non è di essere impiegato contro un singolo avversario ma la sua conoscenza deve essere un mezzo per evitare di ferire inutilmente gli altri tramite l’uso di mani e piedi anche se si dovesse fronteggiare un delinquente.
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Lo scopo principale dell’allenamento nel To De è rafforzare i muscoli rendendo il fisico come ferro e pietra, in modo da usare mani e piedi come lance o alabarde. In questo modo l’allenamento forgia i bambini nel valore e nel coraggio e dovrebbe quindi essere promosso fin dalle scuole elementari. Non dimentichiamo ciò che disse il Duca di Wellington dopo aver sconfitto l’Imperatore Napoleone: “la battaglia di Waterloo è stata vinta sui campi di gioco di Eton”.
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Il To De non si può imparare in poco tempo. Come un toro indolente che, indipendentemente dalla lentezza, finirà per percorrere mille miglia, così la persona che si impegnerà diligentemente per due o tre ore al giorno, dopo tre o quattro anni di lavoro continuato vedrà il proprio corpo profondamente trasformato a rivelare la vera essenza del To De.
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Uno dei punti fondamentali nell’allenamento del To De consiste nell’allenamento di mani e piedi. E’ perciò necessario lavorare costantemente al makiwara. Per potersi allenare nel migliore dei modi occorre abbassare le spalle, allargare i polmoni, concentrare la propria energia, stabilizzare la propria postura in modo da arpionarsi con fermezza al suolo e concentrare il vostro Ki nel tanden. Seguendo questa procedura, eseguire da cento a duecento pugni al giorno.
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Nell’allenare le varie posizioni occorre mantenere una postura eretta. La schiena va mantenuta diritta, i lombi spinti in avanti e le spalle devono rimanere rilassate, mantenendo elasticità nelle gambe. Rilassatevi e mantenete unite le parti alta e bassa del corpo con la forza del Ki concentrata nel tanden.
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Trasmesso oralmente, il To De si compone di una miriade di tecniche e applicazioni corrispondenti. La decisione di analizzarle in modo indipendente, tenendo presente i principi del tuidi (teoria dell’uso) porterà a una migliore comprensione delle applicazioni pratiche.
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Nell’allenamento del To De occorre stabilire se una tecnica è fatta per la difesa o per sviluppare lo sviluppo del corpo.
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Un punto importante nell’allenamento nel To De è l’intensità. Durante l’allenamento, immaginare di essere sul campo di battaglia aiuta molto a migliorare nella progressione. Pertanto quando si lancia un colpo, mentre le spalle si abbassano e il copro si contrae gli occhi dovrebbero esprimere fierezza. Allenarsi con questo spirito prepara la persona la combattimento reale.
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La quantità di allenamento deve essere proporzionata alla resistenza e alla condizione fisica di ognuno. La pratica eccessiva è dannosa al corpo e può essere riconosciuta dall’arrossamento della faccia e degli occhi.
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Colui che pratica il To De gode di una vita lunga e sana grazie ai benefici dell’allenamento costante. L’allenamento rinforza i muscoli e le ossa, migliora gli organi della digestione e regola la circolazione sanguigna. Quindi, se lo studio del To De venisse introdotto nei programmi scolastici fin dalle scuole elementari e praticato diffusamente, potremmo facilmente forgiare uomini con incommensurabili capacità difensive.
Con questi insegnamenti in mente, è mia convinzione che se gli studenti del Shihan Chugakko praticassero il To De potrebbero, dopo il diploma, introdurre la disciplina a livello locale, ossia nelle scuole elementari. In questo modo il To De potrebbe essere diffuso nell’intera nazione, non solo arrecando vantaggio ai singoli, ma costituendo anche un’enorme risorsa per le nostre forze armate.
Itosu Anko, Meiji 41, anno della scimmia
(ottobre 1908)
Analizzando questo documento, Itosu dapprima snatura il To De da qualsiasi concezione religiosa qualificandolo come arte marziale, ne chiarisce l’origine cinese nelle due forme dello Shorin (Shuri Te) e Shorei (Naha Te) specificando che nessuna delle due è migliore dell’altra ed esortando a preservarle nei loro principi. Negli altri principi: al punto 1) spiega che l’adepto del To De forgerà un fisico robusto ma anche una non comune forza di carattere che gli permetterà di sacrificarsi per una giusta causa. Prosegue poi al punto 2) lanciando la propria proposta di introdurlo nell’educazione dei bambini per creare dei buoni futuri soldati. Al punto 3) dice chiaramente che il To De non può essere imparato in tempi rapidi mettendo sostanzialmente in guardia da un insegnamento rapido e parziale, ma che i risultati saranno visibili nel giro di diversi anni tramite un allenamento costante; al punto 4) spiega i principi dell’allenamento col makiwara, di cui era grande estimatore, così come al punto 5) spiega la postura corretta da utilizzare in allenamento. Il punto 6) è molto interessante giacché, data la vastità del repertorio tecnico, esorta l’adepto a ricercare il significato nelle varie tecniche tenendo a mente i principi del torite/tuite (tuidi in okinawense l’equivalente del chinna cinese, come spiegato già in altro articolo), ossia le tecniche di manipolazione e di leva trasmesse oralmente come conoscenza di alto livello. Nel punto 7) Itosu esorta a comprendere la natura delle singole tecniche, poiché alcune sono fatte per la difesa, altre sono ad esempio fatte per trasmettere principi di movimento del corpo o per rinforzarlo ecc, ogni tecnica ha un significato preciso e non è detto sia un movimento fatto per essere applicato direttamente in combattimento ma bensì per veicolare un principio. Il punto 8) esorta l’adepto a mantenersi estremamente serio nell’allenamento, bisogna essere concentrati e praticare come se si stesse davvero combattendo, solo così si potrà forgiare la mente a uno scontro reale (a riprova di quanto ci tenesse Itosu a questo principio si può citare il fatto che una volta Chibana, il suo allievo più fedele, venne ripetutamente sfidato da altri due artisti marziali a un confronto e infine spazientito li avvisò che se volevano combattere con lui o i suoi allievi dovevano prepararsi a morire poiché il vero combattimento è per sopravvivere; i due se ne andarono in fretta). Il punto 9) è un avvertimento che Itosu rivolge ai praticante, non bisogna eccedere nell’allenamento ma regolarlo in base alle proprie condizioni fisiche per non averne al posto che effettivi positivi effetti negativi, che lui identifica nell’arrossamento di occhi e viso. Il punto 10) dice chiaramente alle autorità che chi pratica il To De gode di una vita lunga per i numerosi benefici che apporta al fisico e che se verrà introdotto nel sistema scolastico nazionale, a partire dalla formazione dei maestri di scuola che poi lo diffonderanno negli altri livelli scolastici inferiori, si potranno forgiare gia in età pre militare uomini forti e con notevoli abilità di difesa.
Per maggiori informazioni potete leggere:
"Karate Shorin-ryu: L'eredità delle guardie del re di Okinawa" (clicca qui)
"La leggenda dei maestri di Karate di Okinawa. Biografie, curiosità e misteri" (clicca qui)
"Manuale del Karate e del Kobudo di Okinawa" (gratis qui)
Articolo a cura di Manuel Vignola