ANKO ITOSU: IL PUGNO SANTO

Anko Itosu Okina (Yasutsune il suo nome in giapponese) è considerato comunemente il “nonno”del karate moderno, laddove il suo allievo più conosciuto, Gichin Funakoshi, è considerato invece il “padre”del karate moderno. Fu uno dei Maestri più conosciuti della sua epoca, per tutta una serie di motivi, dalla sua abilità e vasta conoscenza dei kata, alla creazione di nuove forme, dal suo impegno per introdurre il karate nelle scuole come metodo di formazione dei bambini, al gran numero di allievi che ha addestrato; allievi che poi sarebbero diventato i “fondatori”dei moderni filoni dell’arte marziale, il già citato Funakoshi, Kenwa Mabuni, Kentsu Yabu, Chomo Hanashiro, Chosin Chibana (colui che è riconosciuto come il suo erede), Shinpan Gusukuma, Chotoku Kyan, Anbun Tokuda, Chojo Oshiro, Choki Motobu e suo fratello Choyu ecc…


Foto di Itosu scoperta da Hiroshi Kinjo nel 2006(secondo da sinistra in seconda fila contraddistinto dai baffi bianchi)
Nota del settembre 2019: si è scoperto che l'uomo in foto non è Anko Itosu sensei. Leggi l'articolo cliccando qui.

Nato intorno al 1830-1831 nel villaggio di Gibo (Shuri) in una buona famiglia e con un carattere timido e introverso, educato nei classici cinesi e buon calligrafo (troverà lavoro grazie al suo amico Anko Azato, altro grande Maestro di To De, come segretario nell’ufficio amministrativo del Regno di Okinawa), fu addestrato duramente dal padre, secondo la tradizione, già in tenera età. Il padre lo colpiva ripetutamente con un bastone per rafforzargli il fisico, oppure lo appendeva per i piedi e lo tormentava sempre col bastone, finché egli non imparò a reagire nel modo corretto e non semplicemente riparandosi. Vi sono due teorie sul suo primo Maestro di To De: una dice che giunto in età da insegnamento (intorno al 1846), il padre lo affidò alle cure del suo amico Sokon Matsumura, il più rinomato Maestro del periodo, affinché fosse addestrato nell’antica arte marziale. Studiò con lui per 8 anni circa e sebbene fosse molto bravo il suo Maestro gli contestava la poca velocità; Itosu era di corporatura molto robusta, poneva molta enfasi sul condizionamento fisico, ma come giustamente gli faceva notare il suo Maestro, era inutile avere un pugno in grado di rompere qualsiasi cosa e poi non riuscire a colpire l’avversario; passò quindi al Maestro Nagahama Chikudon (probabilmente maestro di “Naha-te”) che poneva come lui molta enfasi sul condizionamento fisico. Dopo diversi anni di allenamento però lo stesso Nagahama, sul letto di morte gli consigliò di tornare a studiare con Matsumura, poiché eccessiva enfasi sul condizionamento a scapito della mobilità non era raccomandabile. 

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Un’altra versione dice che Itosu ebbe la sua prima lezione di To De direttamente sotto Nagahama, e poi sarebbe passato a Matsumura alla morte e su consiglio del suo stesso Maestro. Avrebbe anche studiato per molto tempo con eminenti Maestri di Tomari (prova di ciò si rintraccia in alcuni kata che praticava, chiaramente dell’area Tomari), principalmente sotto Gusukuma di Tomari (Funakoshi ricorda come Azato fosse ricordato come discepolo di Matsumura e Itosu di Gusukuma a testimonianza di quanto profondo è il suo legame con il Tomari-te) e secondo alcuni anche sotto Kosaku Matsumora, nonché (secondo alcune fonti) sotto un non meglio identificato eremita cinese di nome Chiang Nan. Durante tutta la sua vita fu sempre in contatto con i più eminenti Maestri dell’epoca (ad esempio era un buon amico di Kanryo Higaonna).

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Si raccontano innumerevoli storie sul livello che raggiunse (alcune forse un po' infiorettate), dalla sua fama di distruttore di makiwara (anche dei più robusti, come il suo amico Kiyuna), a quando l’albero più robusto che si era scelto come makiwara si seccò e morì a forza di essere ripetutamente colpito; da quando decise di legare un sandalo a un muro per ricercare un bersaglio ancor più solido e tuttavia non faceva altro che far cadere le pietre finché l’intero muro fu distrutto, alla sua presa formidabile capace di stritolare i rami di bambù; da quando durante una festa paesana a Naha si imbizzarrì e scappò un toro e lui lo tramortì con un pugno sul muso torcendogli le corna e portandolo a terra permettendone così la cattura, a quando, un po’ su di giri per l’alcool, aprì un cancello di un suo amico facendo un pugno in una porta di legno spessa 18 cm per poi tirare tranquillamente la maniglia dall’interno, scatenando l’ilarità del suo buon amico Azato; un’altra volta una notte sentì dei rumori fuori dalla sua porta di casa e intuendo la presenza di un ladro con un pugno fece un buco nella porta afferrando il braccio del malcapitato.

La tradizione ci presenta un uomo corpulento, dal fisico virtualmente invulnerabile in grado di sopportare ogni colpo (un giorno venne aggredito fuori da un ristorante da un giovane che lo colpì ma incassò tranquillamente il colpo, gli bloccò il braccio, se lo trascinò nel ristorante e dopo aver ordinato da bere lo fece sedere di fronte a lui e gli disse amichevolmente cosa aveva contro di lui) ma, secondo il Maestro Nagamine, con un carattere esemplare, molto cavalleresco e per nulla dedito a menar le mani, anche se qualche episodio in cui “le alzò” ci è pervenuto: una volta con il suo amico Azato fu aggredito da un gruppo di 20-30 giovani. I due si rintanarono in una casa e mentre il suo amico, uscendo dalla finestra, ne teneva occupata una parte, Itosu dall’altra si occupava dei restanti avversari finché non prevalsero su tutti. 

Si racconta che intorno al 1856 un ancora giovane (e orgoglioso) Itosu, si recò presso la roccia dello scontro (Ude Kake Shi) a Tsuji (quartiere a luci rosse di Naha), il luogo dove i giovani solevano mettersi alla prova combattendo. Avendo sentito che il “campione” in carica, un certo Tomoyose, disprezzava il karate praticato a Shuri considerandolo un “balletto”, rispose alla sfida: non appena si trovò di fronte il suo primo avversario, costui attaccò subito, ma mancò il bersaglio e Itosu lo colpì col suo pugno micidiale ben tre volte mettendo fine all’incontro. Due suoi amici, furiosi, tentarono di vendicare il compare usando dei bastoni, ma Anko, mentre parava il colpo con ambo le braccia, sferrò un calcio al suo avversario, finendo poi l’altro con un calcio all’inguine. A quel punto sopraggiunse il gigantesco Tomoyose, il quale gli sferrò un pugno che Itosu parò con uno shuto spostandosi di lato e rompendogli il braccio, vincendo lo scontro.

In un altro episodio, dopo aver bevuto in una locanda con un amico, a notte si avviò verso casa e venne aggredito da tre banditi, due dei quali armati di bastone, ed uno con i sai. Colto il momento ideale, si appese a un ramo e si arrampicò su un albero per poi buttarsi addosso a quello armato con i sai disarmandolo e colpendolo al collo con il suo ben noto shuto. Usò poi i sai per combattere i banditi armati col bastone e, non appena intuì che uno di essi usava i movimenti del kata Sushi no Kon, anticipò una tecnica di finta e gli lanciò il sai al petto colpendolo; fu il terzo bandito che, fuggito, diffuse la storia. 

Un’altra storia vede come protagonista un Itosu ormai anziano, sui 75 anni circa, ed è ambientata nel periodo in cui il Maestro aveva già introdotto l’arte nelle scuole; un poliziotto esperto di judo (o jujitsu) denigrò pubblicamente il To De e Itosu propose di dimostrare pubblicamente la sua validità in uno scontro col poliziotto. Il giorno dello scontro, dopo averlo studiato, l’avversario si buttò sul Maestro per afferrarlo al bavero e proiettarlo, ma cadde svenuto non appena Itosu lo colpì con il suo temibile pugno al plesso solare. 

Tutte queste storie (vere o “gonfiate” che siano) dimostrano comunque che Itosu era indubbiamente un personaggio di rilievo nel karate di Okinawa (alcuni episodi e la sua notorietà fecero si che circolassero così tante storie su di lui); il suo livello di condizionamento era considerato superlativo e per la forza del suo pugno, unita alla sua bontà d’animo, fu soprannominato Kensei (pugno santo).

Itosu è riconosciuto come colui che diede il primo impulso alla diffusione del karate dapprima a Okinawa e di conseguenza nel mondo intero. A fine ‘800 venne introdotta la coscrizione  obbligatoria in Giappone ed ad Okinawa, diventata una Prefettura dell’Impero giapponese dopo l’abolizione del Regno delle Ryukyu; tre studenti di Itosu, Yabu, Hanashiro e Kenyu, stupirono i medici militari per l’ottima forma fisica, questi ultimi intuirono immediatamente il collegamento con l’arte marziale praticata finora nel più stretto riserbo sull’isola. Yabu, soprattutto per il suo trascorso brillante di soldato, era considerato un eroe ad Okinawa, apprezzato anche dal Prefetto Narahara, anche lui praticante di arti marziali, e nel 1899 scrisse una serie di articoli sul karate che ebbero una grande risonanza sull’isola. L’interesse del governo alla formazione di giovani tramite le arti marziali spinse Itosu a pensare  di poter introdurre il karate come metodo formativo nelle scuole, conscio del suo valore come esercizio fisico e come metodo di formazione globale e pre-militare, per preparare buoni cittadini e buoni soldati. Nel 1901, aiutato dai suoi allievi Hanashiro e Yabu (alcuni dissero in seguito che i due digerirono alcuni cambiamenti di malavoglia, ritenendo che snaturassero troppo l’antica arte. Ma fatto sta che senza il loro aiuto, il karate non si sarebbe potuto diffondere nel sistema educativo okinawense), riuscì a fare inserire il To De nei programmi di educazione fisica della scuola elementare Jinjo di Shuri, mentre nell’autunno 1904 fece una dimostrazione agli insegnanti del liceo e dell’istituto magistrale (Shihan Chugakko), mentre nel 1905 venne ufficialmente adottato anche in questi due istituti (Yabu e Hanashiro divennero insegnanti rispettivamente  presso l’istituto magistrale ed il liceo). 
Il cambiamento fu enorme: da un insegnamento personalizzato (il quale venne mantenuto vivo nei dojo) e segreto si passò ad un sistema di formazione di massa, oggi definito "Karate scolastico". 

Itosu, per rendere più agevole l’insegnamento attuò nuovi sistemi di insegnamento atti a essere trasmessi più facilmente (tutti i vari argomenti di questa sezione saranno poi ulteriormente trattati in altri articoli in modo più approfondito): 

  • diede enfasi agli esercizi di riscaldamento (jubi undo) e di rafforzamento (hojo undo)
     
  • Creò i 5 kata Pinan (dapprima il Pinan no kata, poi convinto fosse troppo complicato creò via via gli altri) con una numerazione da 1 a 5 in “dan” (che pare abbia preso dalla catalogazione dei kata del kenjutsu, in cui il suo Maestro Matsumura era esperto), anche se la tradizione afferma che si dedicò soprattutto ai primi 3 lasciando gli ultimi 2 quasi in disparte. Li creò (secondo una teoria) perché era convinto che il kata kusanku (insegnato subito dopo il dopo il kata naihanchi) fosse troppo complicato per i principianti. Non si sa bene se li creò scomponendo il kushanku, o rimodernando due vecchi kata chiamati Channan, o partendo da un unico antico kata chiamato così (sta di fatto che studiandoli si presentano come un collage di principi applicativi di kata più avanzati, perciò potrebbe aver condensato i principi di tanti kata avanzati nei 5 pinan)
  • Modifica il kata di base naihanchi secondo la sua esperienza marziale (in cui adotta una posizione di gambe influenzata dal kata sanchin del Naha-te, la quale sviluppa l’uso del gamaku) e crea altri due naihanchi (alcuni dicono solo il terzo); secondo alcuni divise in tre parti il naihanchi originale, secondo altri il naihanchi originale sarebbe il primo, e quindi creò il secondo ed il terzo partendo da esso. I tre kata, all’apparenza differenti, condividono tantissimi principi, tecniche e strategie comuni
  • Mise mano anche al vasto patrimonio di kata che raccolse tra Shuri e Tomari, modificandoli (es. divise il rohai originale in rohai shodan, nidan e sandan) creando anche nuove versioni (es. kusanku sho e, secondo alcune fonti, il “vecchio” passai sho, ma l’argomento verrà approfondito in un altro articolo)
  • Secondo una teoria discutibile, molte tecniche pericolose furono cambiate per renderle più sicure (ad esempio molti colpi con le mani aperte furono sostituiti dal pugno chiuso ecc). Tuttavia occorre precisare che questo è il sistema che insegnava nelle scuole, nel suo dojo personale insegnava i principi del To De “non scolastico” seppur influenzati dalla sua esperienza.

Nell’ottobre 1908 redige uno dei documenti più famosi nella storia del karate, i dieci precetti del To De (argomento che sarà approfondito in altro articolo) per educare i giovani ai principi dell’arte marziale in cui raccomanda studio prolungato, pone enfasi sull’uso del makiwara e sulle applicazioni pratiche dei kata e i principi applicativi, pone l’accento sugli effetti benefici per il corpo e lo spirito e mette in guardia dall’usarlo salvo non esservi costretti.

Itosu morì intorno agli 85 anni (non essendo chiaro l’anno preciso di nascita non si può essere precisi) il 26 gennaio 1915, e gli fu assegnato il nome buddista Kenmyooin Kooen Sootoku ossia virtù, valori e principi sui quali si basò sempre in vita; fu sempre ricordato come un artista marziale di livello incredibile, anche se molti gli contestano di aver ridotto l’aspetto difensivo del karate originale con modifiche che ne hanno alterato l’efficacia. Il 30 agosto 1964 il suo allievo più “fedele” (nonché colui che fu considerato suo “erede”), Choshin Chibana, fondò un’associazione per erigere un monumento commemorativo al suo Maestro nella foresta di Furushima, a Mawashi, per il 50° anniversario della sua morte (il monumento ora si trova presso la tomba di Anko Itosu sensei). L’inaugurazione del monumento fu seguita da un’esibizione  a cui parteciparono Iko Oshiro allievo di Y. Higa, Katsuyuki Shimabukuro allievo di C. Chibana, Takeshi Miyagi e Seikichi Iha allievi di K. Miyahira

Per maggiori informazioni potete leggere:

"Karate Shorin-ryu: kata parte 2" (clicca qui)

 
"Karate Shorin-ryu: kata" (clicca qui)

"Karate Shorin-ryu: L'eredità delle guardie del re di Okinawa" (clicca qui)

"La leggenda dei maestri di Karate di Okinawa. Biografie, curiosità e misteri"  (clicca qui)

"Manuale del Karate e del Kobudo di Okinawa" (gratis qui)

Articolo a cura di Manuel Vignola

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