LE ORIGINI DEI KATA JION, JIIN, JITTE, CHINTO E CHINTI

Articolo a cura di Manuel Vignola


Yasuhiro Konishi in Jiin, Chomo Hanashiro in Jion, Gichin Funakoshi in Jitte e Chinto, Isao Ichikawa in Chinti

Leggo molto spesso ipotesi sulla nascita e l’evoluzione di molti kata, molte teorie di tutti i tipi, spiegazioni su alcune tecniche particolari, dove le fonti sono scarse o non conosciute tuttavia si fanno avanti e vengono riportate pedissequamente nel tempo teorie assolutamente senza alcun fondamento, presentate senza citare un minimo di fonti. Questo fenomeno succede soprattutto con un kata, presentato ora come una antichissima forma di origine cinese arrivata nel XVI secolo, ora come kata prevalentemente femminile, per contrattaccare attacchi portati con la lancia, i tre famosi “saltelli” che vengono eseguiti alla fine hanno le spiegazioni più improbabili, dalla simbologia ying-yang all’arretramento in vista della marea, al “salto dei nemici sconfitti a terra mentre si arretra”, alla giovane ragazza che ritorna dal padre ecc, tutte le simbologie più assurde insomma. Si capisce ora chiaramente di che kata si stia parlando, il kata Chinte della scuola Shotokan. Sgombriamo subito il campo, su questo kata, e sui successivi che verranno nominati (si capirà poi il perché), si conosce molto poco allo stato attuale, però incredibilmente su questi abbiamo almeno un periodo di riferimento e una modalità in merito al loro arrivo ad Okinawa, cosa che manca rispetto ad altre forme, magari più diffuse  e in molte più forme, ma le cui origini si perdono nel tempo. 

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Per capire le origini di questo e dei successivi kata, dobbiamo prendere in esame una serie di articoli che Gichin Funakoshi scrisse per il giornale Ryukyu Shimpo nel 1914, una summa di quello che gli disse uno dei suoi più cari Maestri, Anko Azato (confermerà queste informazioni anche nella sua opera magna, “Karate Do Kyohan” del 1935). Funakoshi scrisse chiaramente che, tra coloro i quali ricevettero istruzione sulle arti marziali da un naufrago originario di Anan (area di Fuzhou nel sud della Cina), vi furono Gusukuma (Mashin 1820-1900) e Kanagusuku (probabilmente il Maestro Kunin Kinjo di Tomari) i quali impararono il kata Chinto, Matsumora (Kosaku 1829-1898) e Oyadomari (Kokan 1827-1905) impararono Chinti, Yamazato (Gikei, in giapponese Yamada 1835-1905)  il kata Jiin e Nakazato (Bokunin 1827-1897) il kata Jitte, suddivise l’insegnamento in quanto aveva fretta di ritornare al suo paese. Ipso Facto! Questi kata sono familiari sicuramente ai praticanti della scuola Shotokan, salvo forse l’ultima forma, che conoscono sicuramente con il nome di Gankaku (“Gru sulla roccia”), in quanto fu l’unica forma tra queste di cui Funakoshi, in Giappone, riuscì a cambiare il nome, nello sforzo di sganciare l’arte dalle sue origini cinesi in un periodo di forte imperialismo giapponese, per adattarla il più possibile ai canoni giapponesi al fine di favorirne la diffusione. Non abbiamo riferimenti sicuri sulla scuola praticata da questo naufrago (anche se circolano diverse teorie, per la maggior parte con poco fondamento e senza prove a sostegno), anche se una delle più probabili è qualche linea di Wuzuquan, lo “stile dei cinque antenati”, molto famoso e praticato nel sud della Cina nel corso del 1800. In sostanza i soggetti che studiarono con lui furono tutti Maestri dell’area di Tomari, per cui molto spesso queste forme vengono classificate come Tomari Te, sebbene questa classificazione sia di molto posteriore, fine anni ’30, e rientrano tutte nell’ambito del cosiddetto filone Shorei, nel senso di forme giunte dalla Cina in epoca più recente, nel corso appunto del 1800, non di forme “okinawensi” come ad esempio il Passai, giunte molto tempo prima e rielaborate profondamente (o, secondo teorie più recenti, nate ad Okinawa) nel corso del tempo dalla nobiltà di Shuri. 

In merito a questo naufrago, conosciuto anche con vari nomi tra cui Lao Leung, Anan, Channan, Chinto ecc, ci sono molte teorie “folkloristiche”, la più famosa riguarderebbe Kosaku Matsumora (spesso nelle varie versioni della leggenda viene confuso con Sokon Matsumura, la cui pronuncia in okinawense è uguale) il quale sarebbe stato inviato a fermare le scorrerie di questo soggetto che era solito rubare ai contadini nascondendosi in una grotta nelle vicinanze di un cimitero di Tomari e, dopo averne riconosciuto le doti in combattimento, avrebbe studiato con lui; il misterioso naufrago, prima di andarsene, gli avrebbe donato un dipinto con una donna in posizione di guardia che reggeva un ramoscello di salice, dipinto che avrebbe contenuto i segreti della sua arte. In sintesi (è già stato fatto un articolo in merito), la “famosa” grotta dove avrebbe trovato rifugio secondo la leggenda, la Furuherin, è in realtà una caverna che ospita il Tempio del Dio del Fuoco, anche se ciò non pregiudicherebbe in astratto la plausibilità del racconto di un naufrago che risiedeva in una grotta nei pressi del cimitero, in quanto sono molto diffuse le grotte nella zona di Tomari e spesso erano rifugio di derelitti, tuttavia, dalle ricerche svolte da un noto praticante e traduttore residente a Okinawa, sappiamo che nel 1871 si verificò l’incidente di Muden in cui 54 naufraghi okinawensi vennero trucidati dagli abitanti di Taiwan. Nel 1872 un naufrago che parlava uno strano dialetto cinese giunse ad Onna e gli abitanti, sospettando fosse appunto di Taiwan, lo condussero dal Peichin della zona, Kosaku Matsumora, in arresto in attesa di scoprire la sua identità e, da accertamenti successivi, emerse che il poveretto era un marinaio cinese di nome Lao originario di Nan’an nel sud della Cina, imbarcato su una nave mercantile diretta in Corea e naufragata a causa di un tifone. Costui venne rilasciato trovando alloggio presso la famiglia Teruya e, per racimolare il denaro necessario a tornare a casa, iniziò ad insegnare lo stile di arti marziali che conosceva a diverse persone del luogo, suddividendo l’insegnamento. Di fatto abbiamo ora le informazioni in merito al periodo e al “portatore” di queste forme a Okinawa, direttamente dal famoso Gichin Funakoshi! Riguardo alle fonti scritte su questi kata, citiamo le più famose: troviamo anzitutto, dopo gli articoli del 1914, alcuni di questi kata citati in un articolo del Ryukyu Shinpo del 1911 in cui si parla di una esibizione di karate alla Scuola per insegnanti di Shuri, e nella lista vi sono appunto Chinto, Jitte, Jiin e due kata che Hiroshi Kinjo ritiene siano una traduzione errata dei nomi,  Jumu sarebbe Jion, sebbene alcune fonti riportino l’esistenza di un kata praticamente sconosciuto di Tomari con questo nome, differente dal Jion, mentre il Nantei sarebbe Chintei. Successivamente, in uno dei primissimi libri pubblicati sul karate,  il buon vecchio “Tode Jutsu” sempre di Gichin Funakoshi del 1922 (e nella sua successiva versione aggiornata “Rentan Goshin Karate Jutsu” del 1925) troviamo una lista di kata, tra cui Jion, Jiin, Jitte, Chinti e Chinto, e tra i kata illustrati troviamo il cuore dello Shorin di Funakoshi, 15 kata tra cui appunto Chinto, Jion e Jitte. Nel 1930 troviamo per la prima volta illustrazioni del Chinti e di Itokazu no Jitte che, come emerge dalle ricerche del mio buon amico Matteo Muratori, altri non è che la erronea trascrizione di Itosu (non è il primo caso in cui Itosu viene erroneamente scritto Itokazu) in “Kenpo Gaisetsu” di Mutzu Mizuho e Miki Nisaburo. Questi due intraprendenti karateka fecero un giro di studio ad Okinawa frequentando alcuni famosi Maestri, e questi kata gli vennero mostrati o da Kentsu Yabu o da Chojo Oshiro, allievi diretti di Itosu. Nel 1932 in “Watashi no Karate Jutsu” di Choki Motobu troviamo citate alcune di queste forme, nello specifico Chinto e Chinti che, secondo l’autore, alla sua epoca non erano più diffuse in Cina ma solo ad Okinawa, ma Motobu ci dice anche un altro dettaglio importante, ossia che questi kata sono tutt’ora preservati grazie all’opera di Itosu! Pochi anni dopo, nel 1934, Morinobu Itoman in uno dei suoi libri, “Lo studio del Tode cinese”, cita nuovamente nella sua lista, Chinti, Jion, Jiin, Jitte, Tomari Chinto e Chinto. Qui troviamo un particolare interessante, troviamo due Chinto. Il motivo appare chiaro conoscendo l’opera immane compiuta da Anko Itosu: costui passò parte della sua vita a rielaborare le vecchie forme, non solo in vista della diffusione del karate nelle scuole ma anche per preservare i principi della vecchia arte in un modo più adeguato ai tempi, e passò queste conoscenze ai suoi numerosi allievi, le cui versioni variano leggermente a seconda del periodo in cui ci studiarono, giacché continuò a studiare e aggiornare le sue conoscenze sino alla sua morte. Per cui il Chinto diffuso maggiormente è la versione di Itosu, che rimaneggiò la versione imparata dal suo Maestro Gusukuma (Funakoshi dice chiaramente in Karate Do Kyohan che Itosu era ricordato come allievo di Gusukuma di Tomari) , mentre quello indicato come Tomari Chinto è la versione trasmessa da Chotoku Kyan, il quale studiò con eminenti Maestri di Tomari (Matsumora e Oyadomari in primis) e, come ci dice Chosin Chibana in una sua intervista (pubblicata da Estrada sensei), “creò” la sua peculiare versione del kata Chinto, come era uso comune all’epoca. Contando che Itosu aveva molti amici a Tomari, tra cui Kosaku Matsumora, possiamo facilmente desumere come abbia importato anche il Chinti, il Jitte e il Jiin, anche se con la vecchiaia sappiamo da Chosin Chibana che lascerà un po' da parte i kata di Tomari per concentrarsi sul curriculum dello Shuri te aggiornato dalle sue esperienze.

Il grande assente finora risulta il kata Jion, che paradossalmente come vedremo oggi è il più conosciuto, tuttavia non compare nell’elenco dei kata trasmessi da Lao. Nel 1938 in “Karate Do Taikan” di Genwa Nakasone fa la sua comparsa Chomo Hanashiro, uno dei principali aiutanti di Itosu nelle scuole di Okinawa, il quale viene ripreso in foto mentre si esibisce in questo kata. Ci sono varie teorie, che sia stato trasmesso da un monaco proveniente dal tempio di Jion (famoso tempio ubicato sia a Xian in Cina che in Giappone) a Gusukuma (in realtà unico collegamento con la sfera religiosa è di Funakoshi, che parlando del kata cita il Tempio di Jion, probabilmente per sganciarlo dalle origini cinesi e ricollegarlo ad un famoso e rinomato monastero nipponico), che sia stato trasmesso da Choken Makabe, famoso Maestro di Tomari conosciuto anche come Jion (Masahiro Nakamoto), tuttavia, sebbene siano ancora in corso ricerche in merito, allo stato attuale si ritiene sia un’invenzione più recente, o direttamente di Itosu per creare una sorta di triade con Jiin e Jitte (tutti i kata condividono il saluto iniziale dei monaci cinesi in cui le mani sono davanti al petto, una a pugno e l’altra aperta al di sopra) o, secondo altri, che sia stato introdotto da Kentsu Yabu, compare di Hanashiro e come lui collaboratore di Itosu nelle scuole. Questo kata venne preso, ci dice Masahiro Nakamoto, come modello da Shinken Taira per creare il suo kata Maezato no Tekko, sorta di “tirapugni” okinawense, arma tipica del kobudo: come modello, in quanto lo aveva studiato con Gichin Funakoshi, non è il contrario come asserisce Tsukuo Iwai, che il kata Jion derivi dal kata di tekko! 

Tralasciamo in questo breve articolo i cambi di ideogrammi per definire questi kata che si sono succeduti nel corso del tempo e la traduzione dei nomi, si rimanda all’articolo più completo che verrà pubblicato in futuro, il problema dei nomi e delle traduzione è molto complesso, in quanto caratteri diversi possono essere pronunciati in modo uguale cambiando completamente di significato, e solo a inizio 1900 si è iniziato a trascrivere informazioni sul karate, per cui in questo articolo sono citati solo quelli più “accertati”.  Facciamo invece un breve excursus sulle scuole che tramandano queste forme allo stato attuale.

  • Troviamo anzitutto lo Shorin di Funakoshi del 1922, che trasmise tra gli altri a Shinken Taira (continuatore della scuola Funakoshi Shorin ryu), in cui compaiono tra i 15 kata originari Chinto, Jion e Jitte. Questi 15 kata saranno quelli che verranno riportati illustrati nei suoi libri futuri. Nel 1943 in “Karate Do Nyumon” vediamo consacrato il cambio di nomenclatura, dai nomi okinawensi (perciò di derivazione cinese) dato il clima nazionalista, per facilitare la diffusione del karate i nomi sono variati, Chinto divenne Gankaku (“Gru sulla Roccia”) mentre Jion e Jitte rimasero pronunciati allo stesso modo,  e vediamo inoltre che al Dojo Shotokan vengono studiati anche altri kata, tra cui Shoin, il nuovo nome con cui Funakoshi ribattezzò il vecchio Chinti il quale non prenderà piede e tornerà ad essere chiamato con il vecchio nome, mentre il Jiin sarà chiamato per un breve periodo Shokyo (“Ombra di pino”), per tornare poi anche lui al vecchio nome, anche se è sempre rimasto un kata di nicchia. Ora, non abbiamo certezze su come questi kata siano entrati nel curriculum Shotokan, ma sappiamo due cose: Gigo Funakoshi veniva inviato spesso ad Okinawa a studiare tra gli altri con Chojo Oshiro, e da lì sarebbero entrati alcuni kata oltre alle forme di bastone conservate ancor oggi dallo Shotokai, per cui non è escluso possa averli importati lui forse proprio da Oshiro, lo stesso che li avrebbe forse mostrati in seguito a Mutzu e Miki, tuttavia sappiamo anche che Funakoshi inviava spesso i suoi allievi avanzati a studiare altri kata con il suo buon amico Kenwa Mabuni soprattutto nel 1927-1928 in cui Mabuni rimase per un anno intero a Tokyo prima di aprire la sua scuola ad Osaka, per cui, date anche le somiglianze tra le versioni delle due scuole, è molto probabile siano giunte dallo Shito ryu, che li trasmette a sua volta nel suo enorme curriculum, in cui sono ricompresi tutti e vengono da lui classificati come “kata della linea Itosu”, trasmessi nelle varie scuole che si origineranno dopo la sua morte. Tutti questi kata troveranno posto anche nella scuola Jinen Shindo Ryu di Yasuhiro Konishi, allievo sia di Funakoshi che di Mabuni, mentre il Wado ryu di Hironori Otsuka manterrà il Jion e Jitte che apprese da Funakoshi in primis, pur avendo frequentato anche Mabuni.
  • Uscendo dalle scuole originatesi da Funakoshi, troviamo la scuola Shudokan di Kanken Toyama, allievo diretto di Itosu, il quale trasmise come tutti gli allievi di Itosu Chinto (descritto anche nel suo libro “Karate Do Daihokan”  del 1963) e Jion, limitando Jitte, e soprattutto Jiin e Chinti a pochi studenti (Isao Ichikawa in primis).
  • Ad Okinawa tutti questi kata vennero trasmessi da Chomo Hanashiro (con particolare attenzione al suo preferito, Jion) tra gli altri al suo amico Kanzo Nakandakari, entrando poi nel curriculum della scuola Bugeikan di Seitoku Higa (Hiroshi Kinjo manterrà invece solo il Chinto e Jion), mentre del suo amico Kentsu Yabu abbiamo la certezza solo su Chinto e Jion, quest’ultimo lo trasmise a Juhatsu Kyoda, il quale lo incorporò nel suo Toon ryu. Tutti i predetti kata, comprese le due versioni di Chinto, quella di Tomari e quella di Itosu, vengono trasmessi tutt’ora nella scuola Shubokan della famiglia Uema. 
  • Il kata Chinto veniva trasmesso da Chosin Chibana, essendo parte del curriculum fondamentale di Itosu, nonché Jion extra curriculum, lo sappiamo da Takeshi Miyagi, suo studente diretto, il quale lo tramanda tutt’ora, sempre extra curriculum, e veniva trasmesso anche da Katsuya Miyahira, prima di essere tolto dalla lista ufficiale anche se alcuni allievi continuano a trasmetterlo come extra. 
  • Abbiamo poi Chozo Nakama, altro allievo di Chibana, il quale  trasmise Jion ai suoi allievi, tra cui Zenpo Shimabukuro che lo importò nella sua scuola Seibukan insieme ad altri kata. 
  • Troviamo invece nella scuola Kyudokan i kata Jion, che Yuchoku Higa avrebbe appreso direttamente da Chomo Hanashiro, nonché Jitte da un tal Akamine e Chinti, forse appreso da Chibana stesso. 
  • In tutte le scuole originatesi da Chotoku Kyan ( Shorinji ryu, Matsubayashi ryu, Isshin ryu, Chito ryu ecc) troviamo solo invece la sua peculiare versione di  Tomari Chinto. 
  • Anche Hohan Soken nel suo Matsumura Seito tramanda il kata Chinto, tuttavia è estremamente simile alla versione di Itosu, per cui si ritiene che o suo zio Nabe, nipote di Sokon Matsumura, lo abbia importato da Itosu o da qualche suo allievo adattandolo ai principi dello stile o che lo stesso Soken lo avesse imparato dal suo amico Chozo Nakama o da altri praticanti con cui era solito allenarsi. Questi kata potrebbero essere circolati nell’ambiente del Ryukyu Tode Kenkyukai, l’associazione di Maestri fondata negli anni ’20, prima come gruppo informale e poi come vera e propria associazione, guidata da Chojun Miyagi e Kenwa Mabuni in primis, sotto la supervisione di Choyu Motobu, il quale si diceva avesse una vastissima conoscenza di kata tradizionali, e molte forme si sono formate e diffuse proprio grazie a questo gruppo che riuniva i più famosi praticanti dell’epoca. 
Per maggiori informazioni potete leggere:
"Karate Shorin-ryu: kata parte 2" (clicca qui)

 
"Karate Shorin-ryu: kata" (clicca qui)
 

"Karate Shorin-ryu: L'eredità delle guardie del re di Okinawa" (clicca qui)

"Storie di Okinawa: spiriti, magia e leggende dell'isola giapponese" (clicca qui)

"La leggenda dei maestri di Karate di Okinawa. Biografie, curiosità e misteri"  (clicca qui)

"Manuale del Karate e del Kobudo di Okinawa" (gratis qui)